Gli artisti naif ci insegnano a guardare le cose che ci circondano con gli occhi di un fanciullo

e  a percepire nella loro "poetica" e talvolta "magica" semplicità

 

" L'artista Naif non conosce la categoria del negativo

mitico o drammatico, idilliaco o epico, narrativo o lirico,

l'artista Naif non abbandona mai il terreno

di un'affermazione poetica della sua visione "

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L’interiorità romantica dei naif

di Tiziano Soresina e Simone Terzi

 

Un “pedinamento poetico” post mortem di Alfredo Gianolio. Com’era nelle sue corde, frequentandone a lungo l’inventore ( cioè un intellettuale vulcanico come Cesare Zavattini) per poi metterne in pratica quel piacere di raccogliere testimonianze dirette – categoricamente registrate – confluite in due indimenticabili pubblicazioni (Pedinando Zavattini e Vite sbobinate).

Stavolta è lui, il critico d’arte che tanto ha amato il naifs del Po, ad essere sbobinato, per non cadere nell’oblio il suo ultimo discorso pubblico sull’arte “ingenua”. Parole sentite, a volte intinte nell’ironia, catturate quel pomeriggio a Gualtieri ed ora trascritte fedelmente. Un’operazione da autentici pedinatori che lui, siamo sicuri, da lassù apprezzerà.

Dopo la sua improvvisa scomparsa il 12 febbraio scorso, ci siamo chiesti come poterne onorare al meglio la memoria. La “scintilla” è scattata individuando la traccia lasciata sul web e non solo, quindi, sui nostri taccuini. Frasi che ti ronzano in testa (risentire la sua voce sottile sulla Rete fa certamente effetto) e riempiono i fogli d’appunti, come quando lo incontravi nella sua casa di Rivalta “assediata” dai libri e dai quadri accatastati. Umile, mai banale, sincero cantore dalla Bassa reggiano-lombarda di cui ha narrato  creatività, cultura, tradizioni, vite al limite come quelle di Antonio Ligabue e Pietro Ghizzardi, calandosi via via sempre più nei panni di tutore dei naifs, per dirla con il linguaggio giuridico che faceva parte della formazione del Gianolio avvocato. “Nella pianura padana -  ci spiegò nella sua abitazione durante una chiacchierata a ruota libera sul tema naif – la fantasia dei pittori si è liberata dall’impaccio e scorre liberamente nei dipinti, trovando spunti nella natura, nelle umane vicende, nei drammi quotidiani, nelle lotte per il riscatto delle ingiustizie. Arte popolare, a vocazione narrativa. Scavalca il problema della tecnica, dà sfogo alla spontaneità dell’espressione. Nella Bassa quello dei naifs è un fenomeno collettivo. Negli anni Sessanta e Settanta quasi in ogni famiglia c’era un pittore. Ma non si è formata una scuola come in Jugoslavia, ognuno è indipendente, ha una propria originalità espressiva, complice anche una forte competizione tra artisti”Di questo ed altro Gianolio aveva parlato anche nella presentazione dell’edizione 2015 della rassegna I Naifs del Po, come del resto ha fatto per tutta una vita, intervenendo a mostre, firmando  cataloghi, collaborando concretamente con i pittori. Una tutela dell’arte “candida” che ritroviamo, intatta, nel suo intervento che mai avremmo pensato si tramutasse in un commiato.

 

Qui di seguito l'intervento di Alfredo Gianolio al convegno Considerazioni sul Naifismo tenutosi il 7 ottobre 2017 a Palazzo Bentivoglio di Gualtieri in occasione del 50° anniversario del Premio Nazionale Arti Naives "Cesare Zavattini" di Luzzara

 

" L'arte naive non è dovuta, diciamo, al fatto che è un prodotto di un certo territorio o perchè è sorta a Luzzara. L'arte Naive è un'arte di carattere mondiale, non è l'arte solo di Luzzara ma è nata specialmente in Francia con Henri Rousseau, è nata in Asia, è nata in Africa. In Nicaragua c'erano dei pittori naifs  che sono stati esposti anche a Luzzara"  

 

 

 

 

 

 

Un fenomeno non localistico

Ecco, io volevo innanzitutto dire una cosa. Nelle prime edizione della rassegna naive di Luzzara ho potuto constatare con sorpresa che i pittori naifs che venivano segnalati e premiati, provenivano quasi tutti al di fuori di Luzzara e del territorio della Bassa reggiana. Provenivano da tutte le città d'Italia, dalla Sicilia, anche dall'estero, sembra quasi che i luzzaresi, anche attraverso la loro giuria, volessero proprio evitare di dare al fenomeno naif un connotato locale, rimpicciolendolo. Sono andato a guardare tutti i vari verbali: è mai possibile che in diversi anni, per una ventina, una trentina d'anni, tra quelli che venivano premiati, non solo di Luzzara ma anche della Bassa, erano un'esigua minoranza? Erano pochissimi. C'era quasi un pudore sia da parte, diciamo dei luzzaresi che dei membri della giuria  anche dello stesso Cesare Zavattini. Perché vollero evitare che il fenomeno dei naifs si rimpicciolisse, che diventasse un fenomeno locale. Tanto è vero, anche questo è importante, che le rassegne, tutti gli anni, venivano trasferite a Milano perché c'era una galleria che le aveva richieste, perché lo desideravano, lo volevano. Poi no so se sono andate sempre a Milano, tutti gli anni andavano sempre in una città, anche a Bologna, sono andate a Ferrara, sono andate anche all'estero. Per dare proprio una connotazione al Premio dei naifs, che non avesse una connotazione localistica, molto rimpicciolita, fra, diciamo, le cinta di un Comune

 

I luzzaresi e il Premio

Volevo ricordare un'altra cosa, che mi piace appunto esaminare,cioè come sono state ripartite le spese nella prima edizione del Premio dei Naifs. Intanto il costo non è stato molto alto, il costo totale è stato di 1.375.00 lire, così ripartite: per il Comune una spesa solo di 300.00 lire, poi c'erano 100.00 lire della Provincia e ben 700.000 lire provenienti da ditte e privati.

Ecco, questo è importante, perché vuol anche dire che questa manifestazione, questa esposizione, era molto sentita dalla gente, dalla popolazione luzzarese, specialmenten da chi svolgeva delle attività di carattere economico e comprendeva l'importanza che aveva per Luzzara questa Rassegna perché richiamava dei turisti. E quindi questo: la gente del luogo aveva appreso l'importanza del Premio proprio, diciamo così, per Luzzara in generale, per la sua economia. Cosa che non avevano compreso una parte dei consiglieri comunali. Perché una parte dei consiglieri erano contrari al Premio su una base che appariva come concreta, invece era astratta. Perché sostenevano che spendere quelle 300.00 lire per il Premio era come buttar via i soldi: era meglio usare quei soldi per fare due metri di fognatura. Invece un'astrazione era proprio quella, mentre la concretezza si aveva proprio nell'investire quei quattrini nel Premio. Perché investendoli nel Premio dei naifs attraeva tanti turisti, tanti visitatori e quindi il Comune ne aveva un vantaggio. E questo l'avevano capito proprio i luzzaresi.

 

Bolondi e Zavattini

Io voglio ricordare un grande Sindaco di Luzzara, che era Renato Bolondi. Era anche un mio grande amico, e non è che non abbia fatto fatica - appunto preché era questo contrasto tra i finti concreti e i finti astratti - ma Bolondi facendosi forte anche di Zavattini é riuscito poi a spuntarla. Mi ricordo........ Ecco, questo é un ricordo che ho avuto di Bolondi che si ricollega con Zavattini. Ormai erano già passati diversi anni dall'inizio del Premio e Zavattini tornava ogni tanto a Luzzara, però lui aveva il desiderio di ritrovare i mobili di casa sua, perché quando é deceduto sua padre, la famiglia Zavattini subì un pignoramento e tutti i mobili erano finiti non si sa bene dove. E lui, Zavattini, li voleva andare a cercare perché se ne voleva riappropriare, perché recuperando questi mobili era come se, diciamo, si ricongiungesse con i suoi genitori. Noi  abbiamo girato il paese con Bolondi e poi, ad un certo punto, Bolondi li ha scoperti che erano nel cortile di un falegname dove avevano appoggiato la testata e alcune altre parti del letto del padre di Zavattini. Subito Zavattini li aveva riconosciuti ed era felicissimo perché si impadroniva di questa parte, del letto dove era nato. E tutto contento disse a Bolondi: "Caro Bolondi se io vado nella luna il primo che saluto sei tu".

 

Mani libere di Za con i pittori

Beh, insomma, adesso non voglio troppo dilungarmi, ma vorrei anche ricordare la funzione che ha svolto Zavattini nella giuria del Premio. Intanto, lui non ha voluto essere il Presidente: aveva un senso, diciamo così, dell'amministrazione, della gerarchia amministrativa, per cui voleva che il Sindaco fosse il Presidente della giuria. Ma io credo che in questo suo desiderio ci fosse anche una malizia, perché voleva "tenersi le mani libere", se lui fosse stato il presidente, avrebbe dovuto seguire, diciamo, l'indirizzo ufficiale, invece lui voleva essere libero. Tanto é vero che delle volte prendeva delle posizioni che erano in contrasto con le decisioni della giuria. Questo per esempio era avvenuto con il pittore Serafino Valla. Perché Valla, anche questo é bello, non era stato accettato al Premio e lui se l'era legata al dito, perché non accettava di non poter partecipare e di essere stato rifiutato. Allora cos'ha fatto: si é voluto mettere in gioco, ha voluto mettere le sue opere a giudizio della gente di Luzzara e ha nfatto una mostra proprio in piazza, sotto i portici, perché voleva appunto l'appoggio del popolo che doveva essere un appoggio in contrasto con la giuria del Premio. Ma dunque: proprio in quel momento era passato di lì Zavattini, che non é che seguisse, come ho detto prima, le indicazioni della giuria in modo integrale, era libero. E allora si é fermato e ha parlato con Valla, seduti ad un tavolino del caffè. Ha ascoltato tutto quello che gli ha raccontato Valla, delle sue gravi situazioni, dei contrasti enormi cha ha avuto, dei  dolori e Zavattini gli ha detto: "Ma tu Valla ne hai passate più di me!". Anche grazie a questo interessamento di Zavattini, da allora Valla é stato ammesso al Premio. Zavattini, con alcuni membri della giuria, era anche andato a Boretto, a trovare Pietro Ghizzardi. Per farlo conoscere. Tra l'altro Ghizzardi, che era l'uomo più umile, più timido, più riservato, per la giuria del Premio Luzzara é stata la colonna più importante. Perché Ghizzardi c'é sempre stato dalla prima all'ultima edizione. Questa é una cosa incredibile, un uomo così timido, così riservato, nel Premio Luzzara direi che é stato il più importante, ed é stato riconosciuto come tale anche grazie all'intervento di Zavattini.

 

Alleati in Francia delle avanguardie

Ecco, io adesso volevo cercare di concludere. Perché, ma questa è una cosa che sapete anche voi, è inutile che stia qui a parlare ancora del fatto che il fenomeno del naifismo è un fenomeno che non è nato a Luzzara e che anzi il riconoscimento più importante l'ha avuto in Francia con Henri Rousseau, questo grande pittore naif che tra l'altro piaceva anche a Giorgio Morandi, è stato scoperto e valorizzato in Francia in quel periodo, verso la metà dell'Ottocento. E' stato Perché in quel momento c'era una frattura, un rifiuto degli artisti d'avanguardia fra i quali anche Pablo Picasso contro l'arte tradizionale. E in questa frattura si è inserito Rousseau , si erano inseriti i pittori naifs, perché erano slegati dalla tradizione, quindi essendo slegati dalla tradizione erano, diciamo, alleati naturali dei pittori d'avanguardia. Per cui, ad esempio, abbiamo un Picasso che andava a trovare Rousseau e poi si complimentava con lui. Quando è morto Rousseau, artisti e critici d'avanguardia come Guillaume Apollinaire sono andati sulla sua tomba a ricordarlo. Perché questi naifs in fondo erano una punta avanzata dell'arte: di un'arte contro l'accademismo e, quindi, si erano alleati naturalmente con i pittori delle avanguardie, fra i quali ovviamente Picasso e altri con lui 

 

Le difficoltà in Italia

Ma come mai, diciamo la verità,qua in Italia i naifs non sono stati molto considerati? Secondo me si tratta perlopiù di una questione di carattere culturale, perché l'Italia era dominata da una cultura di tipo classico. Una cultura che aveva, diciamo, i propri modelli nel Rinascimento. Dal Rinascimento i punti verso i quali doveva svolgere il proprio percorso e in quella direzione non poteva trovare i naifs, non c'erano. Perché i naifs si ricollegavano spontaneamente al Romanticismo, cioè a un'arte che partiva dalla propria interiorità, dal proprio sentimento interiore che non faceva riferimento a dei modelli verso i quali volgersi. Tant'è, non è un caso, che a venire a comprare dei quadri naifs, a Luzzara, anche qui a Gualtieri, venivano dalla Germania, venivano dalla Svizzera, non venivano dal'Italia. Perché gli italiani erano appunto molto influenzati da una cultura di tipo classico, che avevano poi in Benedetto Croce un esponente importante e invasivo. Anche se Benedetto Croce valorizzava, diciamo, il sentimento, valorizzava l'espressione, però sempre all'interno di uno spiritualismo di tipo culturale, che quindi escludeva dall'accesso a chi era sprovvisto di cultura. Ricordo anche un regista importante proveniente dalla Svizzera, Walter Marti. Il quale ha fatto un film sui naifs, ma poi questo film l'hanno proiettato in tanti paesi europei ma non in Italia, cioè la televisione italiana ha sempre rifiutato tutti questi filmati che riguardavano l'arte naive, come hanno accantonato, per non dire rifiutato, quella'altro importante film di un regista di Roma, Raffaele Andreassi; anche questo era andato alla Rai, però l'hanno scartato, non l'hanno proiettato, perchè c'era questa questione di carattere culturale.

Infine vorrei dire una parola sola. Vorrei dire ai pittori naifs di non dare retta ai critici. Perchè se danno retta ai critici non sono  più naifs.

 

Tiziano Soresina e Simone Terzi, L' interiorità romantica dei naifs” in “I Naif del Po”, Comune di Gualtieri – Assessorato alla Cultura e Associazione Artistica Tricolore, Gualtieri 2018

 

 

Con il contributo di:

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