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I Naif del Po, civiltà
padana
La ricchezza gentile ma impegnativa, di scrivere una
pagina per questa nuova mostra dedicata ai naifs, ha
portato con sè effetti inaspettati. In assenza di
una coerente narrazione, a soccorrermi sono venuti
su a caso immagini, ricordi, letture.
Una delle testimonianze raccolte da Alfredo Gianolio
nel libro Vite sbobinate, racconta che lungo il Po
molti si inventavano un mestiere per campare:
raccoglievano il ferro, facevano scope con la
saggina dei fossi, e alcuni, ma come ultima
possibilità, facevano anche i pittori. Un tale, che
era stato portato via dalla guerra, era tornato a
settantasei anni ed era andato a vivere in una
baracca nella golena, diventando pittore, ma i
quadri se li era sempre tenuti per sé, rimanendo
ignorato e oscuro, e non annoverato tra i pittori
naif. Si faceva da solo i colori, ed era amico di un
enorme cornacchione nero che veniva a visitarlo
nella baracca: poi una piena l’ha portato via.
Sui fiumi, ha scritto Ermanno Cavazzoni, le civiltà
prendono delle forme che non si sospetterebbero.
Forme stranissime, quasi isole di micro civiltà, si
sono formate lungo il Po. Dove, nel tratto tra la
foce dell’Enza e Borgoforte, estendendosi un poco
anche nell’entroterra, poco oltre i paesi della
Bassa, con epicentro Luzzara, sull’una e sull’altra
riva, sono fioriti i pittori naif del Po.Che sono
una specie di civiltà emtro la più vasta civiltà
padana. Qualcuno ha detto che che pittore naif del
Po si diventa frequentando i terreni tra i grandi
argini e il fiume, connessi alla golena e ai
pioppeti, a questa terra di nessuna, che viene
invasa in certi periodi dell'anno dall'acqua, e non
permette dimere stabili, coltivazioni permanenti e
una vita serena, con una famiglia ad esempio, e
prospettive di lunga durata. Il pittore naif del Po
sta generalmente solo, si aggira tra i pioppi,
contempla l'acqua del fiume e vede passare grovigli
di legni e radici, vacche morte, pezzi di
polistirolo, taniche di latta, bottiglie di plastica
o altre cose che si fermano in un'ansa o arriveranno
al mare; e qui insorge probabilmente i lui un senso
più filosofico e meditativo dell'uomo e della vita
dell'uomo che scorre via e finisce. Eì stato
scritto che i pittori naifs sono pittori che non
hanno pretese, non appartengono cioè alla storia
dell'arte, appartengono casomai alla storia delle
disgrazie umane, e la pittura, dicono, è la loro
consolazione.
Forse
perché ho iniziato a scriverne a Cerreto Alpi, a
mille metri d'altezza e a cento chilometri da casa,
dove, nel loro eterno viaggetto le acque del Po
scorrevano al ribasso, o forse perché "non ha più
senso parlare di gerarchie tra le arti, in quanto il
problema non è più questo o quel genere di arte che
ci riguarda, ma l'uomo, del quale sappiamo sempre
meno se affrontiamo i ruoli anziché l'assolutezza"
come hya scritto Zavattini, ma sento sempre più
strette etichette e categorie. Quando si cerca il
futuro, che riguarda non solo la vita di un fiume ma
la sopravvivenza stessa di una cultura, anche le
sorti di una vicenda marginale, come quella naif,
s'inseriscono in quella umana, universale commedia,
irriducibile al cortile di casa, alle superstizioni,
ai frusti copioni campanilistici
Simone Terzi, I Nif del Po, civiltà padana” in “I Naif del Po”,
Comune di Gualtieri – Assessorato alla Cultura e
Associazione Artistica Tricolore, Gualtieri 2017 |